Imposta unica agenzie estere, il caso Stanley passa alla Corte di Giustizia Europea (1)
ROMA – Dubbi sulla compatibilità tra il diritto dell’Unione e la norma italiana che introduce la “betting tax” per i CTD: li ha sollevati la Commissione Tributaria Provinciale di Parma, in accoglimento della richiesta della difesa di Stanley e di un CTD ad essa affiliato, rappresentati in giudizio dagli avvocati Daniela Agnello e Vittoria Varzi. Di conseguenza, la Commissione ha disposto il rinvio degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. È quanto si legge in una nota della società inglese.
La norma sull’imposta unica per i centri scommesse senza concessione era stata inserita nella legge di stabilità 2011, equiparando dal punto di vista fiscale i ctd alle normali agenzie di betting e assoggettandoli al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse. Per Stanley, però, «risulta palese la nuova e ulteriore discriminazione» subita dai suoi centri dopo i lunghi contenziosi nei tribunali italiani ed europei per la mancata partecipazione della società ai bandi di gara. «È vero che i concessionari pagano direttamente l’imposta sulle scommesse – si legge nella nota – ma lo stesso fa Stanley che paga l’imposta in favore del Paese (Malta) che l’ha autorizzata, non certo in favore di quello che le ha sistematicamente impedito l’accesso. Da qui l’ovvia conclusione, fatta propria dal giudice tributario di Parma: l’imposta unica per i CTD non è una tassa ma una sanzione dissimulata, diretta a scoraggiarne l’attività. Ne consegue chiaramente che la discriminazione contro Stanley continua attraverso la via fiscale». Sarà ora necessario attendere il vaglio della Giustizia Europea, «ricordando che la Corte Costituzionale ha già dichiarato l’incostituzionalità della norma, per quanto riguarda la sua retroattività a periodi antecedenti all’entrata in vigore della legge. Per i periodi successivi, appunto, la parola ora è al Giudice europeo». (segue)
Pubblicato il 20/12/2018 alle 16:02
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