Fa scuola la sentenza Laezza – quella con cui la Corte di Giustizia nel gennaio 2016 censurò la clausola che imponeva la cessione gratuita della rete delle scommesse – e i principi enunciati dai giudici comunitari vengono presi come esempio anche per le concessioni demaniali. E’ quanto è successo ieri nel corso dell’esame – svolto dalle Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera – sul Riordino della normativa sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo. Il relatore Sergio Pizzolante (AP-CpE-NCD) ha infatti citato proprio la sentenza Laezza che “concerne comunque una fattispecie concessoria analoga” a quella delle concessioni demaniali. La clausola sulla cessione gratuita dei beni, ha stabilito la CGE nel caso delle scommesse, può “rendere meno allettante l’esercizio di tale attività, in quanto il rischio per un’impresa di dover cedere, senza contropartita economica, l’uso dei beni in suo possesso può impedire a detta impresa di trarre profitto dal proprio investimento, e costituisca pertanto una restrizione alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, che si pone a sua volta in contrasto con le norme comunitarie” ha riassunto Pezzolante. Che poi ha citato anche le conclusioni dell’Avvocato Generale, che ha posto l’accento su “due elementi fondamentali. Il primo è che la misura controversa è chiamata a operare non solo alla scadenza naturale della concessione, ma anche nel caso di una cessazione forzata e anticipata della concessione. Il secondo è che, anche supponendo di ritenere che i beni costituenti l’oggetto della cessione non onerosa siano stati ammortizzati, ciò non esclude affatto un danno economico per il concessionario, in quanto egli si vede privato della possibilità di cederli a titolo oneroso in funzione del valore di mercato di tali beni”.
Pubblicato il 07/04/2017 alle 08:55
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