Nessuna multa per un centor scommesse di Bagnolo del Salento collegato a Stanleybet. “L’azienda maltese non è stata messa in condizione di partecipare alla gara a causa della discriminazione nella normativa italiana. La società non ha la possibilità di conseguire tale licenza in Italia, a causa delle limitazioni proprie della normativa nazionale”. Una sentenza del Tribunale di Lecce ha spiegato così l’annullamento della sanzione di 15mila euro inflitta al titolare di un centro scommesse – difeso dagli avvocati Daniela Agnello e Massimiliano Mura – collegato al bookmaker estero. La vicenda, riferisce Agipronews, prende spunto da un controllo dei Carabinieri di Bagnolo del Salento, che avevano riscontrato la presenza di dieci slot machines nel punto vendita. Inoltre, era stata registrata l’attività di trasmissione di scommesse verso Stanleybet, pur in assenza dell’autorizzazione prevista dal Testo Unico di Pubblica sicurezza e che viene rilasciata dalle questure ai soli concessionari.
Inizialmente, l’Agenzia dei Monopoli aveva autorizzato la sala giochi all’installazione e al funzionamento degli apparecchi elettronici. Successivamente, il titolare aveva stipulato con Stanleybet Malta Limited, società maltese, un contratto di ricevitoria con il quale si è impegnata a svolgere per conto di quest’ultima l’attività di centro trasmissione dati per prenotazioni di scommesse su eventi sportivi. Per questo motivo, dopo la verifica dei Carabinieri, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva irrogato la sanzione da 15mila euro al gestore.
Il giudice ha però statuito che “non vi sono i presupposti per l’applicazione della sanzione, in quanto la normativa italiana, viola, rispetto a Stanleybet, il diritto comunitario”. Nel caso del centro leccese, la ricevitoria aveva richiesto alla Questura di Lecce il rilascio della licenza di Pubblica Sicurezza, ma non l’ha potuta conseguire a causa dell’assenza della concessione nazionale in capo a Stanleybet.
Il Tribunale ha evidenziato che “l’assenza di licenza da parte della società ricorrente è dunque la conseguenza di una normativa incompatibile con il diritto comunitario e, come tale, non può comportare l’applicazione di sanzione in capo alla ricorrente. Il ricorso è dunque accolto”. Il giudice ha anche condannato l’amministrazione al pagamento delle spese di lite.
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